Maturande...18 anni dopo

È sabato sera e siamo ospiti per cena a casa di Laura.
Quando io e Mirco arriviamo i padroni di casa (Laura e il marito Stefano) ci accolgono offrendoci del buon vino e dell'ottima compagnia; Paola è già lì col suo compagno Enrico. La piccola di casa, Giulia, ci intrattiene facendo graziosi inchini, Lilù la cagnolina elargisce numerose feste a tutti gli invitati per poi osservarci calma dalla sua cuccia.
Suona il campanello: finalmente Marta e Michele sono arrivati e la cena può avere inizio.
Il tempo passa veloce tra una pietanza e l'altra, come veloci sono trascorsi gli anni da quando ci siamo diplomate nel lontano '98.
Dopo 18 anni, 4 compagne di liceo si ritrovano per celebrare tanti bei ricordi e raccontarsi quasi 2 decenni di vita tra carriere, successi, matrimoni, viaggi e quant'altro.
Sul finire della serata Paola piazza il poker d'assi estraendo dalla sua borsa un vecchio filmato: gli ultimi giorni della Terza A, 120 minuti che raccontano le ore che separano 18 maturandi dall'esame finale.
Com'eravamo negli anni novanta, prima di entrare nel modo del lavoro?
Paola: dinamica, furba, intelligente; Marta: riflessiva, acuta, posata e sempre pronta a spendersi per gli altri; Laura: biondissima, spensierata, gioiosa e diligente; io: ...che lo dicano gli altri.
Il filmato finisce e Paola sentenzia: "Era tutto più bello all'ora, quando tutto era da costruire... oggi le certezze sono cambiate e i sogni sono spariti. Viviamo un po' più alla giornata e spesso sentiamo il fallimento dei nostri scopi. Pensavamo di poter cambiare il mondo con i nostri lavori...aiutare le persone".
La notte non ho dormito ripensando a questa frase, perché chi di noi, in cuor suo non ha vissuto questa sensazione almeno una volta?
La mattina dopo davanti al caffè ho pensato a quale sia il senso del mio lavoro, e mi sono risposta che il mio scopo è generare autostima, cioè far trovare ad ogni persona che incontro il valore giusto da abbinare alle azioni quotidiane per essere utile agli altri e sentirsi vivo.
Allora ho realizzato che il problema nasce prima, prima di catapultarsi nel mondo del lavoro. Non viviamo il fallimento dello scopo quando arrivano le prime delusioni professionali, semplicemente nessuno ci educa da giovani ad avere uno scopo o a riprogrammarlo costantemente.
A che cosa serve la maturità? La maturità segna un po' una linea di discrimine nella vita di una persona, segna la fine dell'adolescenza e dovrebbe sancire l'epoca della consapevolezza.
Ma consapevolezza "de che"? Se riguardo il filmino della 3A, ripenso che mentre tutti i miei compagni di liceo avevano le idee chiare circa il loro futuro, per me l'estate del '98 è stato l'anno della prima crisi.
Chi volevo diventare da grande e perché? Ecco... la mia fortuna è stata quella di fermarmi e prendere in mano la mia vita per capire "chi volevo diventare" e non "cosa volessi fare"...
La maturità dovrebbe essere la fase della vita in cui una persona ha chiaro chi vuole essere e diventare, non cosa fare. Ci educano fin da piccoli a studiare per il voto e non per il gusto di imparare, ci fanno sentire in colpa se veniamo bocciati alle superiori, come se nella vita non si buttassero via anni quando non facciamo le scelte giuste. Ci avessero mai educati a sbagliare e imparare, ci avessero insegnato che il voto vale ma noi non valiamo per il voto.
Passiamo gli anni migliori della nostra gioventù a studiare senza capire il perché di quello che leggiamo sui libri di testo, a superare esami che magari non capiamo nemmeno nel titolo e ci troviamo, una volta finita l'università a "fare" un lavoro che credevamo diverso. Questo ci fa vivere una forte dicotomia con noi stessi.
Chiediamo a poco più che adolescenti di avere le idee chiare per il loro futuro, quando noi adulti spesso non sappiamo creare certezze nel presente.
Allora, a distanza di 18 anni rilancio e mi definisco maturanda... Sì, perché la vera maturità sta nel fatto di evolvere, di ritrovare sé stessi attraverso il significato che sappiamo dare ogni giorno alle sfide quotidiane.
La maturità non è un traguardo ma un gioco di equilibrio, tra le sfide che ci poniamo e la crescita che generiamo nell'affrontarle.
Maturi non lo si è mai, maturandi per sempre.
Conosci te stesso!
Chiara Pulzato